Consegne a domicilio in Lombardia e il pasticciaccio del TAR!!!

Il titolo di questo articolo sembra il preludio alla narrazione di un affascinante, quanto imprevedibile, romanzo in chiave epico-amministrativa. In verità di epico c’è ben poco e, sinceramente, si fatica a comprendere anche quanto affascinante possa essere una situazione che si è venuta a creare in seguito all’ennesimo “balletto” tra decreti del Governo centrale e ordinanze emesse da Regione Lombardia. L’unica cosa certa è che a farne le spese sono le PMI italiane che, per l’ennesima volta, si ritrovano a dover sopravvivere (forse!) tra una politica incapace di dare risposte concrete, una burocrazia che strangola le velleità imprenditoriali e una giustizia sempre più distaccata dalla realtà. Ma andiamo con ordine…

C’ERA UNA VOLTA…

In data 10 aprile 2020 il Governo emetteva un D.P.C.M. nel quale elencava le attività ammesse alla prosecuzione delle vendite durante il periodo di emergenza epidemiologica. All’interno del decreto all’art. 1, lett. aa) veniva espressamente previsto che l’attività di ristorazione “resta consentita (…) con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto”. Appariva, quindi, evidente la volontà del Legislatore di poter permettere, a quelle attività che per prime avevano subito il lock down, di riprendere un po’ di fiato mediante le vendite con metodologie alternative (consegna a domicilio).

Il giorno successivo, 11 aprile 2020, non si è fatta attendere la risposta di Regione Lombardia la quale, con l’Ordinanza n. 528, all’art. 1, punto 1.2, lettera h) estendeva la possibilità di consegna a domicilio a tutte quelle attività non espressamente autorizzate dal D.P.C.M. del 10 aprile, quindi anche a tutti quei commercianti non esercenti attività di ristorazione. Con estremo favore viene accolta tale ordinanza da parte dei soggetti coinvolti che, finalmente, potevano ricominciare a vendere i proprio prodotti durante il periodo di lock down, seppur con i limiti dettati dal rispetto delle norme igienico sanitarie e mantenendo il giusto distanziamento sociale.

Invero, a pochi giorni dalla pubblicazione del D.P.C.M. del 10 aprile, tra le FAQ presenti sul sito istituzionale del Governo, appariva una risposta ad una domanda nella quale veniva prevista la possibilità di consegna a domicilio per tutti i soggetti, ricalcando più o meno quanto previsto nell’Ordinanza di Regione Lombardia. Appare subito evidente che tale risposta, seppur presente sul sito istituzionale del Governo (del quale nessuno può mettere in dubbio l’autorevolezza o l’autenticità), non può essere assolutamente condivisibile proprio perché in nessun decreto a livello nazionale viene prevista tale possibilità. Anzi, lo stesso D.P.C.M. del 10 aprile 2020 prevede espressamente la possibilità di consegna a domicilio unicamente per le attività di ristorazione e nulla dice circa le altre attività; non si riesce, quindi, a comprendere quale sia la ratio interpretativa posta alla base di tale risposta, se non (forse) quella di sopperire a una mancanza legislativa, provando a venire incontro, in maniera impacciata e grossolana, alle esigenze dei commercianti italiani. Crediamo che nessuno possa mettere in dubbio che delle Faq, anche se pubblicate sul sito istituzionale di un organo di indubbia autorevolezza e autorità – il Governo, non possano che posizionarsi se non alla base della gerarchia delle fonti del diritto, quantomeno al di sotto di un D.P.C.M.

Ma torniamo in Regione Lombardia dove, per quasi due settimane, i commercianti hanno avuto la possibilità di sfruttare quanto previsto nell’Ordinanza Regionale effettuando consegne a domicilio e provando a sopperire, seppur limitatamente, ai cali delle vendite causati dal lock down.

MA IL 23 APRILE 2020…

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, su richiesta di alcune sigle sindacali, emette apposita sentenza nella quale “sospende provvisoriamente l’ordinanza della Regione Lombardia n. 528 dell’11.4.2020, limitatamente alla lettera H, nella parte in cui consente la consegna a domicilio da parte degli operatori commerciali al dettaglio anche per le categorie merceologiche non comprese nell’allegato 1 del D.P.C.M. del 10 aprile 2020”. La ratio di tale decisione viene spiegata proprio all’interno della sentenza stessa: “il potere di ordinanza regionale è (…) esercitato in funzione della tutela della salute, in specie ai fini dell’adozione di misure più restrittive di quelle statali. (…) Poste queste premesse, (…) l’ordinanza (…) ha ampliato, anziché restringere, le attività consentite, autorizzando il commercio al dettaglio di tutte le merci, a fronte di un DPCM che limitava il commercio solo a precisate categorie merceologiche ritenute essenziali o strategiche”. Per questi motivi, la “tanto amata” lettera h) dell’ordinanza viene soppressa e con essa la possibilità per tutti i commercianti lombardi, diversi dai ristoratori, di poter effettuare le consegne a domicilio dei propri prodotti.

FINE.

Al termine di questa storia dal “tragico” finale, l’unica cosa che abbiamo capito è che oggi il commerciante lombardo è uguale al commerciante ligure, campano, sardo ecc. Non c’è più un’ordinanza della sua regione che gli permetta di poter effettuare le consegne a domicilio dei prodotti da lui commercializzati. Anche lui deve fare riferimento al D.P.C.M. del 10 aprile 2020 che permette la consegna a domicilio solo ai soggetti operanti nella ristorazione. A questo punto il commerciante lombardo si domanda: “e le Faq del Governo? posso consegnare sulla base di quelle?”. A parere di chi scrive sarebbe azzardato annullare completamente il valore intrinseco di una risposta data da un organo che, comunque, si pone tra le più alte istituzioni statali. Dall’altra parte è bene ricordare, come già abbiamo fatto sopra, che delle Faq non sono interpretazioni autentiche di una norma, ma delle mere interlocuzioni prive di qualsivoglia valore dal punto di vista giuridico. Nel caso di un’eventuale contestazione appare evidente che una tesi supportata dall’utilizzo delle Faq ha poche possibilità di sopravvivere al cospetto di una norma di Legge.

Ci troviamo, quindi, in una situazione di stallo nel quale ci è impossibile consigliare in maniera univoca il giusto comportamento da seguire. Speriamo vivamente che il Legislatore, alla luce della situazione che si è venuta a creare, si esponga con un’interpretazione chiara e che possa, finalmente, dare una risposta a tutte quelle piccole imprese italiane che non vogliono fare altro che esercitare un loro diritto costituzionalmente riconosciuto: lavorare (in sicurezza).

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